A cosa servono i compiti?

Pubblicato da Redazione Basta Compiti! il

Secondo la rilevazione Ocse Pisa 2012 sulle competenze dei 15enni, nel mondo sembra che gli studenti italiani battano tutti sul numero delle ore dedicate ai compiti a casa. Ben 9 ore su una media mondiale di 5 ore. Quasi il doppio! Molte famiglie si disperano rovinandosi interi week end mentre la legge italiana vieta di assegnare i compiti per il lunedì. A cosa servono i compiti? Tutte queste ore di studio corrispondono poi a competenze reali? O stiamo crescendo una generazione di geni?

Lo chiediamo a Maurizio Parodi, Dirigente Scolastico, educatore, padre di tre figli e autore del libro Basta Compiti! Non è così che si impara.
Professor Parodi, partiamo dalla legge, sono obbligatori i compiti?
Invero nessuna legge impone o vieta, In Italia, l’assegnazione dei compiti: rientra nella “libertà di insegnamento” e nella “autonomia” degli Istituti. Ma se si trattasse di una pratica decisiva, imprescindibile, il Ministero della Pubblica Istruzione avrebbe ben dovuto occuparsene (in oltre mezzo secolo di attività); ebbene le sole occasioni nelle quali si è espresso al riguardo, è stato per raccomandare di non assegnarli nel fine settimana e durante le vacanze: significativo, mi pare.
A cosa servono i compiti secondo lei?
Non si sa! La risposta che più frequentemente ricorre, nelle rare occasioni in cui qualcuno si provi a chiedere spiegazioni, è fin troppo ovvia, quasi superflua: i compiti a casa servono allo studente per imparare a memorizzare i contenuti dell’insegnamento, a riferirli nel corso dell’interrogazione e impiegarli nella prova scritta, insomma per apprendere, costruire, sviluppare, perfezionare il metodo di studio.

Ma, se così fosse, dovrebbero essere svolti a scuola con il contributo del docente, perché proprio questo è il “compito” principale della scuola: insegnare, soprattutto a imparare. Oggi invece si fa il contrario: a scuola si insegna (in modo penosamente verboso, trasmissivo) e a casa si impara, e si impara a imparare (quando si riesce).

In classe l’insegnante spiega (cose più o meno utili e sensate) e a casa i ragazzi devono memorizzare, stando chini per ore sui libri, dotandosi, per proprio conto del “metodo di studio”. In altre parole: il docente non c’è, (lo studente è lasciato solo) quando ci sarebbe maggior bisogno della sua presenza. Assurdo!

Con quale logica vengono assegnati i compiti?
Nessuna logica razionale (anche se c’è del metodo in questa follia pedagogica!). I docenti operano nella reciproca ignoranza: ciascuno assegna i propri compiti come fossero gli unici da svolgere. Lo sanno bene studenti e genitori. Maestri e professori non si preoccupano di verificare quali e quanti altri compiti, assegnati dai colleghi, si dovranno svolgere nella stessa giornata, con il risultato di costringere per interi pomeriggi e serate ma diciamolo, anche week end, studenti e famiglie a casa. Un impegno estenuante per corpi e menti giovani bisognosi di “moto” chiusi invece fra le quattro mura a ripetere con i genitori (che si trasformano, loro malgrado in urlanti aguzzini). Va detto che in questo modo i genitori (se e quando “ci sono” e sono culturalmente, affettivamente o economicamente attrezzati) si vedono costretti a sostituirsi ai docenti, per aiutare i figli, e addirittura agli stessi studenti: ci sono genitori che fanno i compiti al posto dei figli, per consentire loro di svolgere un minimo di attività fisica, di “ricrearsi”, o perché dopo 6, 8 ore di studio, spesso insensato e incomprensibile, non ce la fanno più. Folle, oltreché controproducente.

Il problema secondo lei è anche dei programmi scolastici?
I Programmi scolastici italiani, dal dopoguerra in poi, sono sempre stati pedagogicamente eccellenti, perciò mai applicati. Il famigerato “programma”, quello che deve esser svolto a ogni costo (sofferenze, umiliazioni, abbandoni, compresi) e rispetto al quale “sì è sempre indietro”, non è quello “ministeriale”, è quello dettato dall’indice degli innumerevoli libri di testo liberamente adottati dai docenti.

Di fatto, l’offerta formativa della scuola è assai povera, mutilata di fondamentali insegnamenti: l’educazione artistica, l’educazione musicale, l’educazione fisica, sono pressoché ignorate o malamente praticate, nonostante interessino dimensioni dell’essere umano importantissime. Da qui la necessità di svolgere attività formative (irrinunciabili) al di fuori della scuola, e così oltre gli orari delle lezioni, che richiedono tempo, energie, impegno, esercizio, si aggiungono ai compiti a casa o che dai compiti a casa sono impedite.

Lei li abolirebbe come è stato fatto in Francia o proporrebbe una via di mezzo?
Sono da abolire perché:

I compiti sono inutili: le nozioni ingurgitate attraverso lo studio domestico per essere rigettate, a comando (interrogazioni, verifiche…), hanno durata brevissima; non “insegnano”, non lasciano il “segno” – dopo pochi mesi restano solo labili tracce della faticosa applicazione;

I compiti sono dannosi: procurano disagi, sofferenze soprattutto agli studenti già in difficoltà, suscitando odio per la scuola e repulsione per la cultura, oltre alla certezza, per molti studenti “diversamente dotati”, della propria «naturale» inabilità allo studio;

I compiti sono discriminanti: avvantaggiano gli studenti avvantaggiati, quelli che hanno genitori premurosi e istruiti, e penalizzano chi vive in ambienti deprivati, aggravando, anziché “compensare”, l’ingiustizia già sofferta, e costituiscono una delle ragioni, più gravi, dell’abbandono scolastico;
I compiti sono onerosi: spesso costringono i genitori a pagare lezioni private, se ne hanno la possibilità economica (ulteriore discriminazione), perché i figli facciano ciò che evidentemente non sono in grado di fare – milioni di euro, per di più in nero;

I compiti prevaricanti: ledono il “diritto al riposo e allo svago” (sancito dall’Articolo 24 della dichiarazione dei diritti dell’uomo), e quello scolastico è un “lavoro” oneroso, spesso alienante – si danno compiti anche nelle classi a tempo pieno, dopo 8 ore di scuola, persino nei week end;

I compiti sono impropri: costringono i genitori a sostituire i docenti; senza averne le competenze professionali, nel compito più importante, quello di insegnare a imparare (spesso devono sostituire anche i figli, facendo loro i compiti a casa);

I compiti sono limitanti: lo svolgimento di fondamentali attività formative che la scuola non offre (musica, sport…) e che richiedono tempo, energie, impegno sono limitate o impedite dai compiti a casa;

I compiti stressanti: molta parte dei conflitti, dei litigi (le urla, i pianti, le punizioni…) che avvengono tra genitori e figli riguardano lo svolgimento, meglio il tardivo o il mancato svolgimento dei compiti, quando sarebbe invece essenziale disporre di tempo libero da trascorrere insieme, serenamente;

I compiti assurdi: si danno persino i “compiti per le vacanze”: un ossimoro, un assurdo logico (e pedagogico), giacché le vacanze sono tali, o dovrebbero esserlo, proprio perché liberano dagli affanni feriali e invece si trasformano in un supplizio, creando stress, sofferenza, insofferenza;

I compiti sono malsani: portare ogni giorno zaini pesantissimi, colmi di quadernoni e libri di testo, è nocivo per la salute, per l’integrità fisica soprattutto dei più piccoli, come dimostrato da numerose ricerche mediche.” cheforte.it

http://www.cheforte.it/a-cosa-servono-i-compiti-ce-lo-spiega-l-autore-di-basta-compiti/


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